(massima n. 1)
L'associazione di studi notarili, ai sensi dell'art. 82 legge 16 febbraio 1913, n. 89 (che la limita alla sola comunione e suddivisione dei proventi professionali) e dell'art. 1 legge 23 novembre 1939, n. 1815 (che, con riferimento alle attività professionali esercitabili soltanto col possesso dei relativi titoli di abilitazione o di speciali autorizzazioni, in caso di associazione fra professionisti ne rende inammissibile lo svolgimento impersonale, sotto qualasiasi norma, distinta da quella svolta da ogni singolo associato) non è configurabile né come ente collettivo o centro di imputazione di interessi, fornito di personalità giuridica, né come azienda professionale, che rivesta una sua autonomia strutturale e funzionale, e quindi non può sostituire singoli studi, in persona dei relativi titolari, nei rapporti con i terzi, siano essi i clienti o i lavoratori dipendenti, ma delineandosi soltanto come un patto interno avente a contenuto anche la divisione delle spese, tra cui i compensi personali, non ne assume la titolarità del relativo obbligo, continuante a gravare sui notai associati, anche se tenuti all'apporto contabile relativo. (Nella specie, relativa a prestazioni di lavoro subordinato svolte presso una cassa cambiali gestita da tre notai, la sentenza impugnata, confermata dalla Suprema Corte, ha escluso che la titolarità del rapporto di lavoro possa essere riferita ad un'associazione di studi notarili).