Cassazione civile Sez. I ordinanza n. 8982 del 30 marzo 2023

(1 massima)

(massima n. 1)

La residenza di una persona, stando all'art. 43 cod. civ., è determinata dall'abituale e volontaria dimora in un determinato luogo, che si caratterizza per l'elemento oggettivo della permanenza e per l'elemento soggettivo dell'intenzione di abitarvi stabilmente, rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali. Affinché siano contemperate, da un lato, l'esigenza del Comune di poter svolgere i propri controlli nel modo più idoneo ed anche di prevenire ogni possibile abuso, e, dall'altro, quella del cittadino di poter attendere serenamente alle proprie occupazioni, vi deve essere una leale collaborazione tra i due soggetti, caratterizzata dall'onere del richiedente la residenza di indicare, fornendone adeguata motivazione, i momenti in cui sarà certa la sua assenza dalla propria abitazione, in modo tale da consentire al Comune di programmare i propri controlli "a sorpresa" in quelli residui. Da ciò consegue che non è plausibile la tesi secondo cui l'unica modalità con cui il Comune può esercitare il proprio potere di controllo del requisito della residenza sia quella del previo accordo con il richiedente in ordine al momento di esecuzione dell'accesso.

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