(massima n. 1)
L'adesione ad un'associazione non riconosciuta, presupponendo l'accordo delle parti anche in ordine allo scopo dell'associazione stessa ed alle regole del suo ordinamento interno, comporta — come espressione del libero estrinsecarsi dell'autonomia privata in ragione dell'espressa previsione dell'art. 24, comma 2, c.c., applicabile analogicamente anche alle associazioni non riconosciute, che consente l'assunzione da parte dell'associato dell'obbligo di far parte dell'associazione per un tempo determinato — l'assoggettamento dell'aderente a siffatte regole nel loro complesso e può legittimamente comportare — senza che risulti violata la libertà negativa di associazione, tutelata, al pari della libertà (positiva) di associazione, dall'art. 18 Cost. — il differimento, per un periodo di tempo determinato negozialmente o statutariamente stabilito, dell'efficacia dall'atto di recesso dell'associato e quindi la permanenza dell'associato nell'associazione per tale periodo con conseguente persistenza di tutti gli obblighi associativi (e non solo di quelli di natura finanziaria) anche in presenza del dissenso sopravvenuto dell'associato dagli scopi e dalle modalità operative dell'associazione Rimane però salva la facoltà di recesso per giusta causa con effetto immediato, come quando venga meno un requisito essenziale per la partecipazione all'associazione, ovvero — nel caso di organizzazioni di tendenza (associazioni su base ideologica, politica o religiosa) — allorché l'associato dissenta dalle finalità dell'associazione, dovendo in tal caso prevalere il diritto (costituzionalmente garantito ed assolutamente non comprimibile ex artt. 2 e 21 Cost.) di manifestare le proprie opinioni e di autodeterminarsi in ordine ad esse, con conseguente cessazione immediata del vincolo associativo, anche se possono persistere vincoli meramente finanziari.