(massima n. 1)
La "divisio inter liberos", regolata dall'art. 734 c.c., ricorre ove il testatore intenda effettuare direttamente la divisione, totale o parziale, del suo patrimonio tra gli eredi attraverso la formazione delle quote e l'individuazione dei beni destinati a far parte di ciascuna di esse, impedendo così il sorgere della comunione ereditaria, con la conseguenza che la decisione del giudice ha carattere meramente dichiarativo, dovendosi prendere atto di un effetto ricollegato alla volontà del "de cuius" che si produce automaticamente al momento dell'apertura della successione; ricorre, invece, la fattispecie di cui all'art. 733 c.c. quando il testatore non divide, ma si limita a dettare le regole per la futura divisione con efficacia obbligatoria per gli eredi. Soltanto in quest'ultimo caso, permanendo lo stato di indivisione, è configurabile la domanda di rendiconto dei frutti proposta dal condividente, estromesso "medio tempore" dalla fruizione dei beni comuni, nei confronti di quello che si trovi nel godimento esclusivo degli stessi; al contrario, nell'ipotesi disciplinata dall'art. 734 c.c., poiché il coerede è divenuto proprietario unico dei beni assegnatigli dal testatore fin dall'apertura della successione, la pretesa al versamento dei frutti non rientra nell'ambito del rendiconto, atteso che è sganciata dalla domanda di divisione, correlandosi al comportamento privo di giustificazione di colui che, rispetto ai detti beni, è, a tutti gli effetti, un terzo.