(massima n. 1)
Gli istituti disciplinati dall'art. 1664 c.c., che correggono i rigori dell'alea contrattuale nell'appalto, riversando (anche) sul committente le conseguenze di determinate sopravvenienze, rivestono carattere eccezionale rispetto alla disciplina generale della risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta, di cui all'art. 1467 c.c., e sono perciò insuscettibili di applicazione analogica ad eventi sopravvenuti e diversi da quelli considerati dalla norma. È, peraltro, ammissibile l'interpretazione estensiva della norma che, nel secondo comma, prevede il diritto dell'appaltatore ad un equo compenso per le difficoltà di esecuzione sopravvenute, derivanti da cause geologiche, idriche e «simili», che rendano più onerosa la sua prestazione, nel senso che debbono ritenersi comprese nella previsione normativa tutte le difficoltà di esecuzione dipendenti da cause naturali, e cioè tutte quelle che presentino le stesse qualità e caratteristiche intrinseche delle precedenti, esplicitamente menzionate, ma non quelle provocate da sopravvenienze oggettive di tipo diverso che provochino effetti identici o analoghi, come il fatto del terzo e il factum principis, le quali possono rientrare nella disciplina generale dell'art. 1467 c.c.