(massima n. 1)
In tema di appalti pubblici, per effetto dell'art. 3 del decreto legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, che ha generalizzato l'esclusione, giā prevista dall'art. 33, comma terzo, della legge 28 febbraio 1986, n. 41, della facoltā dell'Amministrazione committente di procedere alla revisione dei prezzi, e dell'art. 26, comma terzo, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, che ha confermato l'inapplicabilitā dell'art. 1664, primo comma, c.c., il divieto della revisione dei prezzi č divenuto un vero e proprio principio regolatore degli appalti pubblici, con la conseguenza che non č pių configurabile, al riguardo, una posizione di interesse legittimo dell'appaltatore, ma si pone soltanto un problema di validitā delle clausole contrattuali che, nel sopravvenuto regime, abbiano riconosciuto il diritto alla revisione. Spetta pertanto al giudice ordinario la giurisdizione in ordine alla domanda di riconoscimento della revisione dei prezzi proposta dall'appaltatore, non implicando detto accertamento un sindacato in ordine all'esercizio di poteri discrezionali dell'Amministrazione, e non essendo la controversia riconducibile alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo prevista dall'art. 33 del D.L.vo 31 marzo 1998, n. 80, come modificato dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, in quanto, indipendentemente dall'attinenza del rapporto ad un pubblico servizio, non č configurabile un ipotesi di concessione.