(massima n. 1)
La norma dettata dall'art. 24 c.c., secondo cui gli organi associativi possono deliberare l'esclusione dell'associato per gravi motivi, è applicabile anche alle associazioni non riconosciute, ed implica che il giudice davanti al quale sia proposta l'impugnazione della deliberazione di esclusione abbia il potere-dovere di valutare se si tratti di fatti gravi e non di scarsa importanza, cioè se si sia avverata in concreto una delle ipotesi previste dalla legge e dall'atto costitutivo per la risoluzione del singolo rapporto associativo, prescindendo dall'opportunità intrinseca della deliberazione stessa. (Nella specie la S.C. ha ritenuto contraddittoria e perciò meramente apparente la decisione della corte di merito, che aveva annullato la delibera di esclusione dell'associato a causa della genericità delle contestazioni mossegli, pur riportando che esse consistevano, tra l'altro, nell'aver amministrato, in qualità di legale rappresentante dell'associazione, con contrarietà all'interesse generale, omettendo di fornire chiarimenti sulla tenuta dei conti, e nell'aver trascurato, malgrado i richiami del Presidente, i propri doveri di procuratore dell'associazione, non fornendo alcuna relazione scritta in ordine all'attività svolta, trattandosi di contestazioni da qualificarsi come specifiche e sostanzialmente corrispondenti alle cause di esclusione previste dallo statuto dell'associazione).