(massima n. 1)
L'art. 94 cod. proc. civ., il quale contempla la condanna alle spese nei confronti dell'avversario vincitore, eventualmente in solido con la parte, del soggetto che la rappresenti (e, quindi, come nella specie, anche dell'amministratore di una societą), si giustifica con il fatto che il predetto, pur non assumendo la veste di parte nel processo, esplica pur tuttavia, anche se in nome altrui, un'attivitą processuale in maniera autonoma, conseguendone l'operativitą del principio della soccombenza; tale condanna postula la ricorrenza di gravi motivi, da identificarsi in modo specifico dal giudice, per la loro concreta esistenza, nella trasgressione del dovere di lealtą e probitą di cui all'art. 88 cod. proc. civ. ovvero nella mancanza della normale prudenza che caratterizza la responsabilitą processuale aggravata di cui all'art. 96, secondo comma, cod. proc. civ. (Nell'affermare il principio, la S.C. ha escluso la coincidenza dei gravi motivi con la mera scelta, del rappresentante di societą in accomandita semplice, di costituirsi in giudizio in nome e per conto della societą per ivi resistere alle pretese di controparte, senza tenere conto che, nell'arco di svolgimento del processo - anteriore al 1 gennaio 2004, data di entrata in vigore della riforma societaria di cui al d.lgs. n. 6 del 2003 -, un diffuso orientamento giurisprudenziale riteneva che alla cancellazione della societą dal registro delle imprese ed ai relativi adempimenti, ex art. 2312 cod. civ., non seguisse anche la sua estinzione, determinata invece, come in concreto non accertato, dall'effettiva liquidazione di tutti i rapporti giuridici ad essa facenti capo). (cassa e decide nel merito, App. Milano, 04/04/2003)