(massima n. 1)
In tema di imposte sui redditi, le plusvalenze iscritte in base a rivalutazioni volontarie di immobilizzazioni finanziarie, che non siano prescritte o consentite da apposita legge senza tassazione, se non eventualmente sostitutiva, non concorrono alla formazione del reddito e alla determinazione del costo fiscale dei beni rivalutati, di cui, pertanto, si deve tener conto tra le rimanenze iniziali per un valore che non può eccedere il costo di acquisto o, se minore, il valore desumibile dall'andamento del mercato e non può comprendere le rivalutazioni volontariamente operate dal contribuente nel precedente esercizio, attesa la portata generale dell'art. 76 (ora 110), lett. c) del d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, come novellato dalla legge 27 dicembre 1997 n. 449, e la sua "ratio" intrinsecamente limitativa degli interventi distorsivi delle rivalutazioni volontarie. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso che la società contribuente potesse, ai fini fiscali, iscrivere le sue partecipazioni societarie tra le rimanenze iniziali di bilancio ad un valore superiore al costo di acquisto e comprensivo di rivalutazione volontaria, pari al corrispettivo pattuito per le stesse in sede di preliminare di vendita, in questo modo eliminando, e sottraendo a tassazione, nell'esercizio successivo la plusvalenza da cessione). (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Abruzzo sez. dist. Pescara, 14/08/2008).