(massima n. 2)
In tema di esecuzione forzata, il provvedimento che chiude il procedimento esecutivo, pur non avendo, per la mancanza di contenuto decisorio, efficacia di giudicato, è, tuttavia, caratterizzato da una definitività insita nella chiusura di un procedimento esplicato col rispetto delle forme atte a salvaguardare gli interessi delle parti ed incompatibile con qualsiasi sua revocabilità, in presenza di un sistema di garanzie di legalità per la soluzione di eventuali contrasti, all'interno del processo esecutivo; ne consegue che il soggetto espropriato non può esperire, dopo la chiusura del procedimento di esecuzione forzata e sul presupposto dell'illegittimità per motivi sostanziali dell'esecuzione forzata, l'azione di ripetizione di indebito contro il creditore per ottenere la restituzione di quanto costui abbia riscosso, ma l'irretrattabilità del progetto di distribuzione della somma ricavata attiene al rapporto tra l'esecutato e il creditore e non già al diverso rapporto tra il creditore ed il suo difensore antistatario. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva respinto la domanda del creditore volta alla restituzione dei compensi del suo difensore, percepiti, con distrazione a suo favore, in un processo esecutivo conclusosi con l'approvazione del piano di riparto in cui le spettanze professionali erano state quantificate e liquidate). (Cassa con rinvio, TRIBUNALE TORRE ANNUNZIATA, 13/11/2018).