(massima n. 1)
In materia di perdita di "chance", l'attività del giudice deve tenere distinta la dimensione della causalità da quella dell'evento di danno e deve altresì adeguatamente valutare il grado di incertezza dell'una e dell'altra, muovendo dalla previa e necessaria indagine sul nesso causale tra la condotta e l'evento, secondo il criterio civilistico del "più probabile che non", e procedendo, poi, all'identificazione dell'evento di danno, la cui riconducibilità al concetto di "chance" postula una incertezza del risultato sperato, e non già il mancato risultato stesso, in presenza del quale non è lecito discorrere di una "chance" perduta, ma di un altro e diverso danno; ne consegue che, provato il nesso causale rispetto ad un evento di danno accertato nella sua esistenza e nelle sue conseguenze dannose risarcibili, il risarcimento di quel danno sarà dovuto integralmente. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito, la quale aveva dimezzato l'importo del risarcimento dei danni riconosciuti dalla decisone di primo grado ai parenti in conseguenza del decesso di un congiunto - avvenuto a seguito di un errore diagnostico che, secondo la valutazione operata dal consulente tecnico, aveva comportato l'evento lesivo con una probabilità del 50% - sovrapponendo, però, i distinti piani dell'accertamento del nesso causale e l'accertamento e valutazione del danno in concreto subito dagli attori). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 11/12/2017).