(massima n. 1)
L'illecito endofamiliare commesso in violazione dei doveri genitoriali verso la prole può essere sia istantaneo, ove ricorra una singola condotta inadempiente dell'agente, che si esaurisce prima o nel momento stesso della produzione del danno, sia permanente, se detta condotta perdura oltre tale momento e continua a cagionare il danno per tutto il corso della sua reiterazione, poiché il genitore si estranea completamente per un periodo significativo dalla vita dei figli; ne consegue che la natura dell'illecito incide sul termine di prescrizione che decorre, nel primo caso, dal giorno in cui il terzo provoca il danno e, nel secondo, da quello nel quale, in assenza di impedimenti giuridici all'esercizio dell'azione risarcitoria, l'illecito viene percepito o può essere percepito, come danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, con l'ordinaria diligenza e tenendo una condotta non anomala. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione dei giudici di merito i quali, nel rigettare la domanda risarcitoria rivolta dal figlio verso il padre per i danni cagionati dal protratto disinteresse da questi mostrato nei suoi confronti, avevano qualificato erroneamente l'illecito come "istantaneo ad effetti permanenti" e ritenuto maturata la prescrizione del diritto, facendo decorrere il relativo termine dal momento nel quale si era configurata la condotta di abbandono del genitore, ovvero dalla nascita del figlio, anziché da quello in cui il medesimo figlio ne aveva percepito l'intrinseca ingiustizia). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 23/01/2018).