(massima n. 1)
Il terzo contraente ha soltanto la facoltà e non pure l'obbligo di controllare, ai sensi dell'art. 1393 c.c., i poteri di colui che si qualifichi rappresentante, sicché - in assenza di altri elementi che dimostrino che egli abbia agito senza la dovuta diligenza - non è sufficiente ad integrarne la colpa prevista dall'art. 1398 c.c. il comportamento meramente omissivo, e ciò tanto se l'affidamento del terzo riguardi negozi per i quali è prevista la forma scritta ad probationem, tanto se afferisca a negozi formali. (I giudici di appello, nel confermare la sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda proposta dall'attore per ottenere, ai sensi dell'art. 2932 c.c., il trasferimento della proprietà di un immobile, promessogli in vendita da una società rappresentata da soggetto privo della dichiarata qualità di amministratore, avevano ritenuto l'affidamento senza colpa dell'attore - rimasto per diversi anni nella detenzione dell'immobile in cui era stato immesso - sull'esistenza dei poteri rappresentativi di colui che aveva agito per la promittente, in considerazione anche della condotta colposa della società, che aveva indotto il promissario - che fra l'altro aveva rilasciato, in presenza di diversi soci della società, un assegno di L. 10.000.000, a titolo di acconto del prezzo - a presumere fondatamente che rivestisse effettivamente la carica di amministratore della società la persona con cui aveva trattato. La Corte ha ritento corretta la decisione impugnata, in applicazione del principio surrichiamato).