(massima n. 1)
In tema di determinazione del reddito d'impresa, ai fini del valore da attribuire alle partecipazioni sociali, lo scostamento dal cd. "valore normale" del prezzo di transazione di cui all'art.
9 T.U.I.R. assume rilievo quale parametro meramente indiziario dell'antieconomicitą dell'operazione posta in essere, sģ da giustificare l'accertamento con conseguente prova contraria a carico del contribuente. I principi regolatori desunti dall'art. 9 cit. costituiscono, infatti, espressioni concrete della regola "substance over form" enunciata anche nei principi contabili nazionali (OIC 11) ed internazionali ("Frameword 2", IASB/1989/35), nonché delle raccomandazioni dell'OCSE ("Base Erosion and ProfiT Shifting") e dell'UE (sulla cd. pianificazione fiscale aggressiva), a nulla rilevando, al riguardo, la norma di interpretazione autentica contenuta nell'art. 5, comma 2, del D.Lgs. n. 147 del 2015, che mira solo ad escludere l'applicazione dell'art.
110 T.U.I.R. al "trasfert pricing" interno, giammai a limitare la portata logico-giuridica dell'art. 9 cit. (Fattispecie relativa a plusvalenza, imputata a maggior reddito ai fini IRPEG, derivante da cessione a titolo oneroso di partecipazioni sociali in cui la S.C. ha rigettato il ricorso della societą contribuente avverso la sentenza che aveva affermato l'antieconomicitą dell'operazione per aver venduto a soggetto ad essa collegato da rapporti infragruppo societari, operando in perdita, ponendo a raffronto - con riguardo al prezzo di cessione delle quote - i valori riportati in bilancio ed il valore, di gran lunga inferiore, delle perizie di stima redatte ai sensi della l. n. 448 del 2001).