(massima n. 1)
I beni facenti parte del patrimonio disponibile dello Stato, in quanto assoggettati alle comuni regole di diritto privato, sono usucapibili e, perciò, tale forma di acquisto può essere riconosciuta in favore di privati che si siano pubblicamente impossessati di essi, occupandoli, per sopperire alle loro esigenze abitative in seguito ad eventi bellici (nella fattispecie, fin dal 1946), comportandosi "uti domini", provvedendo ad installarvi gli impianti di cui erano privi, ad effettuare le opere necessarie a renderli abitabili, senza che la P.A. abbia manifestato in proposito alcuna opposizione per un periodo continuativo di circa cinquanta anni (di gran lunga superiore a quello necessario ad usucapire), con la conseguenza che il potere di fatto dagli stessi esercitato corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà (presumendosi l' "animus possidendi", indipendentemente dall'effettiva esistenza del relativo diritto o dalla conoscenza del diritto altrui) non può considerarsi viziato per contrasto con la volontà della P.A., dal momento che il comportamento accondiscendente della stessa Amministrazione, tenuto durante tutto il lungo periodo trascorso del possesso esercitato, in relazione ad un bene del suo patrimonio disponibile, è idoneo a dimostrare, per "facta concludentia", la volontà di non opporsi all'altrui possesso.