(massima n. 1)
Ai fini della ripartizione del trattamento di reversibilità fra coniuge divorziato e coniuge superstite, aventi entrambi i requisiti per la relativa pensione, il criterio della durata dei rispettivi matrimoni, di cui all'art. 9, terzo comma, della legge n. 898 del 1970 (nel testo novellato dall'art. 13 della legge n. 74 del 1987), non ha valore esclusivo, dovendo il giudice — in ragione del carattere solidaristico dell'istituto — valutare, in relazione al caso concreto, anche ulteriori elementi, quali l'ammontare dell'assegno goduto dal coniuge divorziato prima del decesso dell'ex coniuge, le condizioni di ciascun coniuge, e ogni altra circostanza inerente alla particolarità della situazione (cfr. Corte Cost., sent. n. 419 del 1999); tra essi, assume rilievo nche la convivenza prematrimoniale del secondo coniuge con il de cuius la quale può essere assunta dal giudice come elemento della sua valutazione complessiva, e giustificare una ripartizione della pensione di reversibilità diversa da quella proporzionale alla durata dei rispettivi rapporti matrimoniali.