(massima n. 1)
La ripartizione del trattamento di reversibilità, in caso di concorso tra coniuge divorziato e coniuge superstite aventi entrambi i requisiti per la relativa pensione, deve essere effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata dei rispettivi matrimoni, anche ponderando ulteriori elementi, correlati alla finalità solidaristica che presiede al trattamento di reversibilità, tra i quali va ricompresa la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali. E siccome per convivenza prematrimoniale deve intendersi quella caratterizzata da un grado di stabilità e da comportamenti dei conviventi corrispondenti, in una effettiva comunione di vita, all'esercizio di diritti e doveri connotato da reciprocità e corrispettività, ad essa non può equipararsi il semplice fidanzamento non accompagnato da effettiva convivenza tra i promessi sposi. Il periodo di fidanzamento precedente al matrimonio tra i coniugi poi divorziatisi, pertanto, non può essere preso in considerazione ai fini della ripartizione del trattamento di reversibilità, a nulla rilevando che il matrimonio trovasse allora un (temporaneo) ostacolo in una condizione personale del fidanzato (il quale, come ufficiale dell'aeronautica, non poteva unirsi in matrimonio, secondo la legge applicabile ratione temporis, prima del compimento dei venticinque anni), né che il comune sentire sociale dell'epoca (nella specie, attorno al 1950) disapprovasse la convivenza more uxorio, soprattutto per un ufficiale.