(massima n. 1)
In tema di divorzio, l'art. 13 della L. 6 marzo 1987, n. 74, il quale, sostituendo l'art. 9 della L. 1 dicembre 1970, n. 898 (come riformulato dall'art. 2 della L. 1 agosto 1978, n. 436), regola in via innovativa il trattamento economico del divorziato in caso di morte dell'ex coniuge, in concorso o meno con il coniuge superstite di questi, attribuendogli (se non passato a nuove nozze) la pensione di reversibilità od una quota di essa, non quindi la mera possibilità di conseguire, con pronuncia costitutiva, un assegno assimilabile a quello pensionistico, ed altresì fissando, come condizione di tale attribuzione, la titolarità di assegno di divorzio, integra una disposizione sostanziale, incidente sui fatti generatori delle posizioni soggettive del divorziato, non semplicemente sui loro effetti, e, pertanto, in difetto di previsione di retroattività, non può trovare applicazione nelle controversie pendenti, con riguardo a diritti del divorziato ricollegabili a decesso dell'ex coniuge avvenuto prima dell'entrata in vigore della norma medesima, che vanno conseguenzialmente decise in base alla precedente normativa (senza che i diritti stessi possano essere quindi negati per carenza della menzionata condizione introdotta dalla nuova legge).