(massima n. 1)
Con la possibilità di attribuire al coniuge divorziato del coniuge defunto una quota della pensione di reversibilità o un assegno alimentare a carico dell'eredità, gli artt. 9 e 9 bis della legge n. 898 del 1970, come novellata dalla legge n. 436 del 1978, non hanno inteso attuare alcun trasferimento sul coniuge superstite o sugli eredi del de cuius dell'obbligo incombente sul de cuius stesso di corrispondere l'assegno divorzile, ma hanno costituito a favore dell'ex coniuge superstite nuovi ed autonomi diritti di carattere personale, nascenti dalla cessazione e dall'estinzione del diritto all'assegno di divorzio, sulla base di presupposti e di condizioni non coincidenti con quelli che giustificavano quest'ultimo. Pertanto, il tribunale può disporre che una quota della pensione o di altri assegni sia attribuita al coniuge superstite solo in presenza delle circostanze perché sorga il diritto alla pensione di reversibilità e, soprattutto, della premorienza del titolare della pensione diretta, la cui permanenza in vita non consente l'aggiudicazione di una quota di pensione indiretta poiché, in tale ultima ipotesi, è il coniuge pensionato che provvede personalmente alla corresponsione dell'assegno periodico, attingendo la somma dall'importo della pensione diretta da lui percepita.