(massima n. 1)
Il diritto al trattamento di reversibilità, previsto, dall'art. 9, comma secondo, della legge n. 898 del 1970 nel testo novellato dall'art. 13 legge 6 marzo 1987, n. 74, a favore del coniuge divorziato, in assenza di un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, purché il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza di divorzio, e purché sussistano gli ulteriori requisiti della titolarità dell'assegno di divorzio e del mancato passaggio a nuove nozze, sorga nel coniuge divorziato, in via autonoma ed automatica, nel momento della morte del pensionato, in forza di un'aspettativa maturata, sempre in via autonoma e preventiva, nel corso della vita matrimoniale, sicché è insuscettibile di essere vanificato dal successivo decorso degli eventi relativi al rapporto matrimoniale. Esso — inoltre — non rappresenta la continuazione — mutato il debitore — del diritto all'assegno divorzile del quale era titolare nei confronti dell'ex coniuge avanti la sua morte, ma un autonomo diritto di natura squisitamente previdenziale, alla pensione di reversibilità, collegato automaticamente alla fattispecie legale, di modo che prescinde da ogni pronuncia giurisdizionale che, ove necessaria, ha natura meramente dichiarativa.