(massima n. 1)
L'art. 12 bis della legge n. 898 del 1970, introdotto dall'art. 16 della legge n. 74 del 1987, a norma del quale l'ex coniuge titolare di assegno ai sensi dell'art. 5 della citata legge n. 898 ha diritto, se non passato a nuove nozze, a una percentuale dell'indennitą di fine rapporto «percepita» dall'altro coniuge «all'atto della cessazione del rapporto di lavoro», trova applicazione anche nella ipotesi di decesso dell'obbligato in costanza di rapporto, in quanto essa riguarda tutti i casi in cui il t.f.r. sia comunque spettante al lavoratore, anche se non ancora percepito, senza che rilevi in contrario la circostanza che l'art. 2122 c.c. non indichi, tra gli aventi diritto alla indennitą di fine rapporto(coniuge, figli, e, se vivevano a carico del prestatore di lavoro, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado), l'ex coniuge. Ed infatti, la citata disposizione codicistica, anteriore alla entrata in vigore della legge sul divorzio, si limita a disciplinare l'attribuzione del t.f.r. in caso di morte del lavoratore, mentre l'art. 12 bis della legge n. 898 del 1970 si inserisce nel plesso normativo concernente la regolamentazione dei rapporti patrimoniali tra divorziati, con la previsione della spettanza all'ex coniuge, nell'ambito dei principi solidaristici cui si ispira anche la disposizione relativa alla corresponsione allo stesso di una quota della pensione di reversibilitą, di una quota parte del t.f.r. dovuto all'altro ex coniuge, subordinatamente alla condizione positiva della sussistenza del suo diritto all'assegno divorzile ed a quella negativa del mancato passaggio a nuove nozze. Ne consegue la irragionevolezza di una opzione ermeneutica che escluda il diritto dell'ex coniuge ad una quota della indennitą per il servizio gią prestato, maturata dall'altro coniuge, per effetto di una circostanza accidentale, quale il decesso di quest'ultimo in costanza del rapporto di lavoro.