(massima n. 1)
In tema di scioglimento del matrimonio, il diritto dell'ex coniuge, titolare di assegno di divorzio, ad ottenere — salvo che non sia passato a nuove nozze — una percentuale dell'indennità «percepita» dall'altro coniuge «all'atto della cessazione del rapporto di lavoro» (art. 12 bis della legge 1° dicembre 1970, n. 898, aggiunto dall'art. 16 della legge 6 marzo 1987, n. 74), diviene attuale, ed è quindi azionabile, nel momento in cui, cessato il rapporto di lavoro dell'ex coniuge, questi percepisce il relativo trattamento, ed è, inoltre soggetto alla condizione negativa del mancato passaggio a nuove nozze del coniuge titolare dell'assegno di divorzio; né quest'ultimo può avanzare in giudizio la relativa richiesta come condanna condizionata del terzo datore di lavoro ad eseguire direttamente nei suoi confronti l'eventuale, futuro versamento della quota (da determinare alla stregua del secondo comma dell'art. 12 bis, cit.), perché la condanna condizionata — pure ammessa nel nostro ordinamento, in omaggio al principio di economia dei giudizi — non deve essere subordinata al verificarsi di un evento (come il mancato passaggio a nuove nozze) il cui accertamento possa esigere un nuovo esame nel merito, e, inoltre, perché la legge non prevede, per l'adempimento in executivis dell'obbligo di corrispondere la quota dell'indennità in parola, le stesse opportunità concesse all'avente diritto, nei confronti dei terzi debitori dell'obbligato, per l'adempimento degli oneri relativi al mantenimento dei figli (art. 148, secondo comma, c.c.), al mantenimento ed agli alimenti per il coniuge separato (art. 156, sesto comma, c.c.), all'assegno di divorzio ed al contributo per il mantenimento dei figli in regime di divorzio dei genitori (art. 8, terzo comma, della legge n. 898/1970, novellato dall'art. 12 della legge n. 74/1987).