(massima n. 1)
La assegnazione della casa familiare, di cui i coniugi siano comproprietari, al coniuge affidatario dei figli non ha più ragion d'essere e, quindi, il diritto di abitazione, che ne scaturisce, viene meno nel momento in cui il coniuge, cui la casa sia stata assegnata, ne chiede, nel corso del giudizio per lo scioglimento della comunione conseguente (nel caso di specie) a divorzio, l'assegnazione in proprietà, acquisendo così, attraverso detta assegnazione, anche la quota dell'altro coniuge. In tal caso, il diritto di abitazione (che è un atipico diritto personale di godimento e non un diritto reale) non può essere preso in considerazione, al fine di determinare il valore di mercato dell'immobile, sia perché è un diritto che l'art. 155, comma quarto c.c., prevede nell'esclusivo interesse dei figli e non nell'interesse del coniuge affidatario degli stessi, sia perché, intervenuto lo scioglimento della comunione a seguito di separazione personale o di divorzio, non può più dirsi rilievo, per la valutazione dell'immobile ad un diritto, che, con l'assegnazione della casa familiare in proprietà esclusiva al coniuge affidatario dei figli, non ha più ragione di esistere.