(massima n. 1)
Lo stato di ebbrezza alcoolica del conducente di un veicolo, ai fini della ravvisabilità del reato previsto dall’art. 186 D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, e dall’art. 132 d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, non deve essere necessariamente accertato con strumenti e procedure determinati dal regolamento (art. 379 d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495. Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada e D.M. 22 maggio 1990, n. 196) ma può essere dimostrato anche attraverso dati sintomatici, desumibili in particolare dalle condizioni del soggetto e dalla condotta di guida (difficoltà di linguaggio, andatura barcollante, lentezza e pesantezza dei movimenti, alito emanante sentore di alcool), i quali conservano la loro rilevanza probatoria accanto o meno all’indagine strumentale. È da escludere, invero, che il ricorso alla procedura spirometrica (misurazione indiretta del tasso alcoolemico attraverso l’analisi dell’aria alveolare espirata) costituisca l’unico legittimo mezzo di prova dello stato di ebbrezza, essendo l’accertamento strumentale facoltativo e non obbligatorio. (La Corte di Cassazione, nell’affermare il principio sopra massimato, ha pure evidenziato che il rifiuto a sottoporsi all’esame non costituisce presunzione di sussistenza dello stato di ebbrezza e che gli organi di polizia stradale di cui all’art. 12 del vigente codice della strada, se intendano esercitare la facoltà, hanno il potere di farlo senza violare l’art. 32 della Costituzione perché non eseguono un trattamento sanitario ma un accertamento non sulla persona ma sull’aria espirata).