(massima n. 1)
Per effetto dell'emanazione dei D.Lgs. n. 152/2006 (Codice dell'ambiente) - e segnatamente dell'art. 154 che "al fine di assicurare un'omogenea disciplina sul territorio nazionale" riserva allo Stato di fissare, per il tramite di decreti ministeriali, "i criteri generali per la determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per l'utenza dell'acqua pubblica" - non è venuto meno il potere di normazione secondaria degli enti locali in relazione alla determinazione dei canoni di acque destinate al Sistema idrico integrato. Difatti, l'uniformità della tutela, che è lo scopo della normazione secondaria, non implica pedissequa identità di criteri e canoni su tutto il territorio nazionale, ma parità di trattamento coeteris paribus in relazione alla disponibilità e all'uso concreto di tali risorsa nei singoli ambiti territoriali. In tema di canoni di concessione di derivazione delle acque destinate al servizio idrico integrato, l'omogeneità di disciplina sul territorio nazionale prevista dall'art. 154, comma 3, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 implica che la normativa secondaria di attuazione ha lo scopo di perseguire un'uniformità di tutela, intesa non già come pedissequa identità di criteri e canoni su tutto il territorio nazionale, ma come parità di trattamento "coeteris paribus" in relazione alla disponibilità e all'uso delle risorse idriche nei singoli ambiti territoriali. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, reputando legittimi e conformi alla vigente normativa nazionale e regionale i criteri di determinazione della parte variabile della tariffa adottati dalla delibera del Consiglio provinciale di Pisa del 15 dicembre 2011, n. 99). (Rigetta, Trib. Sup. Acque, 4 giugno 2013).