(massima n. 1)
La responsabilità ex art. 2051 c.c. non ammette la responsabilità oggettiva e presuppone l'imputabilità soggettiva del fatto. La disciplina temporale applicabile alla fattispecie (interventi diretti alla tutela dell'integrità dell'ambiente lagunare attraverso azioni di disinquinamento, bonifica e/o messa in sicurezza dei siti) non è quella di cui al D.Lgs 2 aprile 2006, n. 152, priva di carattere retroattivo, bensì quella vigente al momento in cui si sono verificati i fatti - e quindi l'art. 17 del D.Lgs. 22 del 1997 (Cass, civ. Sez. III, 04-04-2017, n. 8662; Cass. civ. Sez. I, 07/03/2013, n. 5705). Sicché, il previgente sistema si ispirava al principio secondo cui l'obbligo di adottare le misure idonee a fronteggiare la situazione di inquinamento è a carico di colui che di tale situazione sia responsabile per avervi dato causa (principio sintetizzato con la formula "chi inquina paga"). Era quindi necessario l'accertamento del nesso di causalità con l'avvenuta contaminazione dei luoghi. Prevedendo poi, solo in seconda battuta, qualora "i responsabili non provvedano ovvero non siano individuabili" che gli interventi necessari venissero comunque realizzati d'ufficio dal Comune o, in subordine, dalla Regione, rivalendosi per il recupero delle spese sulle aree bonificate, gravate da onere reale e privilegio speciale immobiliare. Pertanto, in capo al proprietario che non era autore della violazione, non sussisteva l'obbligo di provvedere direttamente alla bonifica, ma solo l'onere di farlo per evitare le eventuali conseguenze derivanti dai vincoli gravanti sull'area (Cass. civ. Sez. II, 28-12-2017, n. 31005).