(massima n. 1)
Non incorre in alcuna contraddizione il giudice di merito che apprezzi un comportamento di inadempimento come contrario a buona fede ai fini di giustificare un'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. e poi lo consideri di scarsa importanza ai fini di un'azione di risoluzione del contratto per inadempimento. Infatti, i due piani di valutazione sono del tutto diversi. Ai fini della valutazione prevista dall'art. 1460 c.c. l'inadempimento della parte viene valutato solo nell'ottica della realizzazione del sinallagma contrattuale, al fine di considerarlo o meno giustificato in dipendenza dell'inadempimento dell'altra. Tale valutazione si esprime in un confronto fra i due inadempimenti e non nell'oggettiva valutazione di ciascuno di essi e può risolversi negativamente sia per il fatto che le prestazioni corrispettive inadempiute dovessero eseguirsi in tempi diversi (art. 1460, primo comma, c.c.), sia perché uno degli inadempimenti non appaia conforme a buona fede. Il piano di valutazione supposto dall'art. 1455 c.c. in ordine alla non scarsa importanza dell'inadempimento quale fatto giustificativo della risoluzione del contratto è, invece, del tutto diverso, giacché non è funzionale all'apprezzamento della realizzazione del sinallagma contrattuale, ma del suo scioglimento e l'inadempimento viene valutato non comparativamente alla condotta dell'altra parte, bensì nel suo significato oggettivo di impedimento alla realizzazione del sinallagma stesso.