(massima n. 1)
La retroattività ex art. 1458 c.c. della pronuncia (costitutiva) di risoluzione fa venir meno la causa delle attribuzioni patrimoniali derivanti dal contratto, determinando a carico della parte non colpevole un obbligo, non risarcitorio, ma restitutorio, avente ad oggetto le cose ricevute ed i frutti effettivamente percetti, per i quali ultimi si configura un debito di valore se trattasi di frutti naturali, laddove ricorre un debito di valuta, soggetto al principio nominalistico, se trattasi di frutti civili (somme di danaro), costituenti il corrispettivo del godimento della cosa. Peraltro, per i frutti civili competono al creditore, come effetto naturale della relativa pronunzia restitutoria e, quindi, anche senza espressa statuizione, gli interessi legali, da ritenere compresi, in difetto di esplicita limitazione degli effetti della risoluzione, nella domanda di restituzione dei frutti, ancorché in essa non specificati, con la conseguenza che la richiesta di tali interessi avanzata perla prima volta in appello non può essere considerata domanda nuova e preclusa a norma dell'art. 345 c.p.c.