(massima n. 1)
È manifestamente inammissibile, in quanto prospettata in forma ancipite, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 53, comma 7, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, impugnato, in riferimento agli artt. 36, primo comma, 41, primo comma, e 97, primo comma, Cost., nella parte in cui prevede che, per i dipendenti pubblici che abbiano svolto incarichi retribuiti non conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza, "il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti". Il giudice rimettente ha sollevato la questione sulla base di una duplice e irrisolta prospettiva interpretativa - la prima, fatta propria dalla sentenza oggetto di opposizione nel giudizio a quo, secondo cui l'amministrazione di appartenenza deve prioritariamente escutere il soggetto che ha ricevuto le prestazioni lavorative non autorizzate, a nulla rilevando l'eventuale già avvenuto pagamento; la seconda, frutto di un diverso e recente orientamento giurisprudenziale, secondo cui in quest'ultima - ipotesi l'amministrazione avrebbe titolo per agire direttamente nei confronti del pubblico dipendente - senza optare per l'una o l'altra delle ricostruzioni ermeneutiche indicate, ciascuna delle quali è orientata a un proprio petitum e a una differente soluzione decisoria.