(massima n. 3)
Nella contrapposizione fra naturale dinamicità dell'azione amministrativa nel tempo ed effettività della tutela, un punto di equilibrio è stato tradizionalmente rinvenuto nel principio generale per cui l'esecuzione del giudicato può trovare limiti solo nelle sopravvenienze di fatto e diritto antecedenti alla notificazione della sentenza divenuta irrevocabile; sicché la sopravvenienza è strutturalmente irrilevante sulle situazioni giuridiche istantanee, mentre incide su quelle durevoli nel solo tratto dell'interesse che si svolge successivamente al giudicato, determinando non un conflitto ma una successione cronologica di regole che disciplinano la situazione giuridica medesima; anche per le situazioni istantanee, però, la retroattività dell'esecuzione del giudicato trova, peraltro, un limite intrinseco e ineliminabile (che è logico e pratico, ancor prima che giuridico), nel sopravvenuto mutamento della realtà - fattuale o giuridica - tale da non consentire l'integrale ripristino dello status quo ante (come esplicitato dai risalenti brocardi factum infectum fieri nequit e ad impossibilia nemo tenetur) che semmai, ove ne ricorrano le condizioni, può integrare il presupposto esplicito della previsione del risarcimento del danno, per impossibile esecuzione del giudicato, sancita dall'art. 112, co. 3, c.p.a.