(massima n. 1)
Anche nella vigenza dei "nuovi" criteri di trattamento del paziente psichiatrico, quali introdotti dalla L. n. 180 del 1978, il sanitario che ha in cura un paziente infermo di mente rimane titolare dell'obbligo della protezione del bene della vita e dell'incolumità individuale del medesimo, per lo meno quando questi risulti pericoloso per sé, come allorquando sia ad alto rischio suicidario per avere, in epoca assai recente, messo in atto tre tentativi di suicidio. In tal caso il medico deve adottare ogni precauzione a tutela del paziente e se, affidandolo ad assistente volontaria per una passeggiata fuori dal luogo di ricovero, omette di adeguatamente rappresentare alla medesima la particolare condizione di rischio propria del soggetto, ai fini delle necessarie cautele da adottare, egli (il medico) viene correttamente ritenuto responsabile della morte del malato sottrattosi alla sorveglianza dell'affidataria e suicidatosi. Né potrebbe, in siffatta situazione, essere invocato il principio dell'affidamento, poiché questo, com'è noto, non opera ogni volta in cui allo stesso soggetto titolare (originario) della posizione di garanzia sia rimproverabile un contegno colposo, che crea i presupposti per il verificarsi dell'evento lesivo.