(massima n. 1)
È rilevante la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Collegio arbitrale di Roma in riferimento all'art. 76 Cost. ed avente ad oggetto l'art. 241, comma 5, del D.Lgs. n. 163 del 2006, nella parte in cui stabilisce i requisiti per la nomina a presidente del collegio arbitrale nelle controversie relative all'esecuzione di contratti pubblici. Il giudizio arbitrale a quo deve ritenersi disciplinato dal codice dei contratti pubblici, e conseguentemente dalla norma censurata, non sussistendo i presupposti di ultrattività del D.RR. n. 1063 del 1962 richiamato nella clausola compromissoria. L'esistenza nel medesimo giudizio della situazione di incompatibilità contemplata dal citato art. 241, comma 5, è motivata non implausibilmente dall'ordinanza di rimessione. Lo ius superveniens recato dall'art. 217, comma 1, lett. e), del D.Lgs. n. 50 del 2016 - che ha abrogato lo stesso art. 241, comma 5, e introdotto una nuova disciplina delle modalità di nomina, dei requisiti degli arbitri e degli effetti della loro mancanza - è privo di efficacia retroattiva, e dunque non può venire in evidenza nel giudizio principale, che continua ad essere disciplinato dalla norma abrogata.