(massima n. 1)
In tema di abuso d'ufficio, nella formulazione dell'art. 323 c.p. introdotta dall'art. 1 della legge 16 luglio 1997, n. 234, il legislatore, con l'utilizzazione dell'avverbio «intenzionalmente», ha voluto escludere la rilevanza penale non solo di condotte poste in essere con dolo eventuale, ma anche con dolo cosiddetto diretto, che ricorre quando il soggetto si rappresenti la realizzazione dell'evento come altamente probabile o anche come certa, ma la volontą non sia volta alla realizzazione di tale fine; ne consegue che, affinché una condotta possa essere addebitata all'agente a titolo di abuso di ufficio, č necessario che l'evento sia la conseguenza immediatamente perseguita dal soggetto attivo. (Nella specie č stata affermata la correttezza dell'operato del giudice di merito che aveva ritenuto l'insussistenza del dolo intenzionale, e quindi escluso la configurabilitą del reato, nel comportamento del rettore di una universitą che, pur consapevole del blocco delle assunzioni di personale non docente stabilito con legge 27 febbraio 1980, n. 38, salvo deroghe per particolari esigenze delle facoltą di agraria e veterinaria e degli orti botanici, aveva assunto formalmente personale con tale qualifica per l'apparente utilizzazione in azienda agricola di proprietą dell'universitą, destinandolo, poi, a funzioni amministrative nell'ambito dell'universitą stessa; ha rilevato la Corte come la volontą dell'agente fosse diretta a garantire il funzionamento dell'ente, mentre le assunzioni non rivestivano la diretta finalitą di procurare ad altri un ingiusto vantaggio).