(massima n. 1)
In tema di divisione giudiziale, qualora al condividente sia assegnato un bene di valore superiore alla sua quota, il diritto al conguaglio dovuto agli altri comunisti sorge dal momento e per effetto del provvedimento definitivo di scioglimento della comunione, e ciò indipendentemente dalla natura — dichiarativa o costitutiva — attribuita alla relativa sentenza, posto che anche nel primo caso l'efficacia retroattiva della pronuncia è limitata, ai sensi dell'art. 757 c.c., all'effetto distributivo dei soli beni concretamente assegnati in proporzione del valore delle relative quote. Ne consegue che gli interessi sul conguaglio, che sono di natura corrispettiva, decorrono soltanto dal momento in cui, con il provvedimento definitivo, è cessato lo stato di indivisione delle cose comuni, in pendenza del quale i frutti maturati fino al momento della divisione spettano ai comunisti in proporzione delle rispettive quote di partecipazione. Pertanto non è configurabile a favore del condividente non assegnatario il diritto agli interessi compensativi sul capitale — la cui corresponsione postula il mancato godimento dei frutti della cosa propria — atteso che anche nel caso in cui il bene sia assegnato a colui che durante la comunione ne aveva il possesso, gli altri condividenti — in quanto esclusi dal godimento — avranno diritto, per il periodo precedente il provvedimento di scioglimento della concessione, soltanto al rendiconto della gestione e alla corresponsione degli interessi corrispettivi sulle somme loro eventualmente dovute in relazione ai frutti maturati e non percepiti.