(massima n. 1)
L'art. 231, comma 1 del D.L.vo 30 aprile 1992, n. 285, recante il nuovo codice della strada, ha abrogato il codice stradale previgente (D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393) e quindi anche l'art. 6 L. 31 maggio 1965, n. 575, che prevedeva il reato di guida senza patente o con patente revocata ai sensi degli artt. 82 e 91, secondo e terz'ultimo comma, n. 2 D.P.R. n. 393/59, già modificato per effetto della L. 3 agosto 1988, n. 237, che aveva soppresso la misura di prevenzione della diffida. Peraltro, la condotta di coloro che guidano autoveicoli, senza avere ottenuto la patente, in quanto privi dei requisiti morali previsti dall'art. 120 c.s. vigente o senza essere in possesso della patente perché revocata a causa del difetto di quei requisiti, è sanzionata oggi dall'art. 116, nn. 13 e 14 del suddetto codice stradale. Da ciò consegue che con l'abrogazione dell'art. 6 L. n. 575/65 non vi è stata abolitio criminis, ma solo successione di norme incriminatrici, essendo diversamente disciplinato un fatto considerato come reato dalla legge precedente. (Fattispecie nella quale si è applicato come più favorevole, in virtù del dettato dell'art. 2, comma 3, c.p., l'art. 116 c.s. vigente, atteso il più mite trattamento sanzionatorio).