(massima n. 1)
Nel caso di cumulo di pena riguardante delitti unificati per la continuazione, tra i quali sia compreso un reato ostativo all'applicazione di una misura alternativa ai sensi dell'art. 4 bis ord. pen., come modificato dall'art. 15 legge n. 356 del 1992, non può procedersi — diversamente da quanto avviene per l'applicazione dell'amnistia o dell'indulto — allo scioglimento del cumulo ai fini della concessione di detta misura, né può considerarsi espiata per prima la pena inflitta per il reato che non consente la misura alternativa. La norma suddetta, infatti, fa riferimento alla pericolosità soggettiva del detenuto, «certificata» dalla condanna per un determinato reato e ad essa collega la esclusione di vari benefici, senza possibilità di distinguere, in caso di pene concorrenti, e di attribuire, quindi, ad un periodo pregresso l'espiazione di quella parte di pena collegabile al reato per cui vige il divieto di concedibilità. (Sulla scorta del principio di cui in massima la Cassazione ha ritenuto corretto l'operato del tribunale di sorveglianza che aveva escluso la possibilità di scioglimento del cumulo di pena concernente reati unificati per continuazione, comprensivo, appunto, anche di reati elencati nel succitato art. 4 bis ord. pen., nei confronti di un condannato che non aveva prestato opera di collaborazione a norma dell'art. 58 ter del predetto ordinamento).