(massima n. 1)
Il criterio della buona fede nella interpretazione dei contratti, applicabile anche agli atti prenegoziali, deve ritenersi funzionale ad escludere il ricorso a significati unilaterali o contrastanti con un criterio di affidamento dell'uomo medio, ma non consente di assegnare all'atto una portata diversa da quella che emerge dal suo contenuto obiettivo, corrispondente alla convinzione soggettiva di una singola persona. Esso rappresenta, difatti, il punto di sutura tra la ricerca della reale volontą delle parti (costituente il primo momento del processo interpretativo, in base alla comune intenzione ed al senso letterale delle parole) ed il persistere di un dubbio sul preciso contenuto della volontą contrattuale (in base ad un criterio obiettivo, fondato su di un canone di reciproca lealtą nella condotta tra le parti, ed inteso alla tutela dell'affidamento che ciascuna parte deve porre nel significato della dichiarazione dell'altra), e rappresenta, pertanto, un mezzo, al fine, soltanto sussidiario dell'interpretazione, non invocabile quando il giudice di merito abbia, attraverso l'esame degli elementi di prova raccolti, gią aliunde accertato l'effettiva volontą delle parti. (Nella specie, la Corte territoriale aveva escluso che la vincitrice di un concorso a premi indetto dalla ditta «Postalmarket» avesse potuto legittimamente intendere, dal contesto letterale delle clausole concorsuali, che l'opera pittorica del maestro E. Greco a lei destinata come vincita potesse essere l'originale, e non anche una copia, sia pur a tiratura limitatissima o, al pił una litografia dell'originale stesso).