(massima n. 1)
Le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente, per l'imprenditore, all'eventuale concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta può comportare l'esonero totale del medesimo imprenditore da ogni responsabilità solo quando presenti i caratteri dell'abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell'evento, essendo necessaria, a tal fine, una rigorosa dimostrazione dell'indipendenza del comportamento del lavoratore dalla sfera di organizzazione e dalle finalità del lavoro, e, con essa, dell'estraneità del rischio affrontato a quello connesso alle modalità ed esigenze del lavoro da svolgere. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso che la condotta del lavoratore, infortunatosi mentre era intento nelle operazioni di lavaggio della cucina di un albergo, avesse i caratteri dell'abnormità o dell'imprevedibilità atteso che, anche ammesso che il dipendente si fosse tolto le calzature di sicurezza prima di terminare il turno di lavoro, era onere del datore di lavoro predisporre controlli idonei per garantire l'osservanza dell'obbligo e ciò tanto più che il lavoratore era stato addetto a mansioni di lavoro diverse da quelle di assunzione ed operava in un ambiente di lavoro nuovo rispetto a quello abituale).