(massima n. 1)
In tema di appalto di opere pubbliche, il principio secondo cui, per le opere o provviste a corpo, il prezzo convenuto è fisso ed invariabile (ex art. 326 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. F), il quale comporta che grava sull'appaltatore il rischio relativo alla maggiore quantità di lavoro resasi necessaria rispetto a quella prevedibile, è applicabile quando siano correttamente rappresentati tutti gli elementi che possono influire sulla previsione di spesa dell'appaltatore, solo in tal caso potendosi ritenere che la maggiore onerosità dell'opera rientri nell'alea normale del contratto, tenuto conto che, a norma dell'art. 1175 c.c., le parti del rapporto obbligatorio devono comportarsi secondo buona fede. (Nella specie, la sentenza impugnata, confermata dalla S.C., aveva accertato che l'Amministrazione committente, per negligenza o imperizia in sede di progettazione, aveva ingenerato nell'appaltatore una erronea rappresentazione in ordine ai costi e alle modalità di realizzazione dell'opera secondo le previsioni progettuali, rendendo imprevedibile la eccessiva onerosità e difficoltà di esecuzione dell'opera, poi verificatesi).