(massima n. 1)
La soppressione di un ente pubblico, costituito in giudizio per mezzo di procuratore, resta soggetta alle disposizioni di cui all'art. 300 c.p.c. e, pertanto, non determina l'interruzione del processo fino a quando il procuratore costituito non dichiari o notifichi detto evento, tenendo conto che tale dichiarazione o notificazione non può trovare equipollente nella conoscenza aliunde dell'evento medesimo, ancorché evincibile da un provvedimento legislativo che ha disposto quella soppressione. Ne consegue che, qualora il procuratore, unico legittimato, ometta di dichiarare in udienza o di notificare detto evento alle altre parti, fino alla chiusura della discussione, la posizione della parte rappresentata rimane stabilizzata, rispetto alle altre parti e al giudice, quale persona giuridica ancora esistente, con correlativa ultrattività della procura alle liti, fino a quando nella successiva fase di impugnazione non si costituisca l'ente subentrato a quello soppresso, ovvero il procuratore di quest'ultimo, originariamente munito di procura valida anche per gli ulteriori gradi del processo non dichiari, o notifichi, il verificarsi dell'evento, ovvero, in caso di contumacia, l'evento medesimo non sia notificato o certificato dall'ufficiale giudiziario. Ciò comporta, inoltre, che l'altra parte, in assenza delle dette situazioni, correttamente notifica l'atto di impugnazione, da lei proposto, presso il difensore procuratore dell'ente, per quanto lo stesso sia estinto. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto incensurabile la declaratoria di inammissibilità dell'appello, ritenendo che, in applicazione dei principi di cui in massima, l'appello avrebbe potuto essere notificato o alla soppressa Usl o alla gestione liquidatoria della medesima, ma non alla Asl, che non era succeduta, né a titolo universale, né a titolo particolare, nel rapporto tra il medico e la cessata Usl).