(massima n. 2)
In tema di esecuzione con espropriazione presso terzi, il giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo ex art. 548 c.p.c. – che costituisce un autonomo giudizio di cognizione il cui oggetto solo in senso approssimativo è il diritto di credito del debitore esecutato verso il terzo debitore in quanto il diritto di credito pignorato si «autonomizza» al momento in cui viene effettuato il pignoramento mediante la notificazione dell'atto ex art. 543 c.p.c. – sorge incidentalmente nel corso del procedimento esecutivo ed è funzionalizzato all'individuazione della cosa assoggettata ad espropriazione all'esito della mancanza o della contestazione della dichiarazione del terzo. Ne consegue che unico legittimato a richiedere il giudizio di cognizione di cui all'art. 548 c.p.c. è il creditore esecutante il quale, pur perseguendo lo scopo di ottenere dal terzo debitore l'adempimento che costui doveva all'escusso, agisce non già in nome e per conto di quest'ultimo – come chi esercita l'azione surrogatoria –, né chiede di sostituirsi nella posizione di (originario) creditore di quest'ultimo, bensì agisce iure proprio e nei limiti del proprio interesse. Ne consegue ulteriormente che legittimato a domandare l'istruzione della causa di accertamento in questione – a pena di estinzione del procedimento ex art. 630 c.p.c. – è esclusivamente il creditore pignorante, e non anche il debitore esecutato che si veda contestata o non riconosciuta da parte del terzo l'esistenza di un suo credito, il quale ultimo, privo di un onere di impulso processuale per far proseguire il giudizio esecutivo promosso nei suoi confronti, non può proporre nella detta sede esecutiva una domanda concernente in realtà l'esistenza non già del credito pignorato bensì del proprio credito verso il terzo come esso è nel momento in cui il processo si svolge(e pertanto concernente oggetto diverso da quello proprio del giudizio ex art. 548 c.p.c.), ben potendo egli viceversa proporla in un diverso, autonomo e separato processo.