(massima n. 1)
In tema di esecuzione forzata, è manifestamente infondata la dedotta illegittimità costituzionale – in riferimento agli artt. 42, secondo e terzo comma, e 111, secondo comma, Cost. – dell'art. 510 c.p.c., così come da questa Corte interpretato nel senso che il provvedimento di distribuzione del giudice dell'esecuzione ha effetto preclusivo, se non contestato con l'opposizione di cui all'art. 512 c.p.c. in ordine alla proposizione in separato giudizio di azione da parte dell'esecutato (nel caso, per il terzo acquirente di bene ipotecato) volta alla tutela del proprio diritto a conseguire le somme ricavate dall'esecuzione eccedenti la somma attribuita al singolo creditore rispetto a quanto ad esso spettante per sorte, interessi e spese (nel caso, le ipoteche iscritte), in quanto tale effetto preclusivo consegue al comportamento inerte dell'esecutato medesimo, per non essersi tempestivamente avvalso degli specifici rimedi giurisdizionali interni al processo esecutivo, costituiti dall'opposizione distributiva ex art. 512 c.p.c. o dalle opposizioni esecutive ex artt. 615, secondo comma, e 611 c.p.c., mediante le quali far valere, davanti al giudice dell'esecuzione, le proprie contestazioni di merito o di forma.