(massima n. 2)
Il giudicato, essendo destinato a fissare la «regola» del caso concreto, partecipa della natura dei comandi giuridici e, conseguentemente, la sua interpretazione non si esaurisce in un giudizio di fatto, ma deve essere assimilata, per la sua intrinseca natura e per gli effetti che produce, all'interpretazione delle norme giuridiche; pertanto gli eventuali errori di interpretazione del giudicato rilevano non quali errori di fatto, ma quali errori di diritto, inidonei, come tali, a integrare gli estremi dell'errore revocatorio contemplato dall'art. 395, numero 4, c.p.c. (Principio espresso in fattispecie di ricorso per revocazione promosso dal procuratore regionale della Corte dei conti nei confronti di un'ordinanza delle Sezioni Unite, resi in sede di regolamento preventivo di giurisdizione, dichiarativa della inammissibilità del ricorso perché la questione con esso sollevata era da ritenersi coperta dal giudicato con cui era stata riconosciuta, dalle stesse Sezioni Unite, la giurisdizione del giudice ordinario).