(massima n. 1)
A seguito del fallimento di una società, che è causa di scioglimento ma non di estinzione della medesima, rimangono in vita gli organi sociali con i loro poteri rappresentativi. Inoltre, alla dichiarazione di fallimento consegue, per il fallito, una perdita della capacità processuale che ha carattere non assoluto ma relativo e può essere eccepita solo dal curatore nell'interesse della massa dei creditori. Ne deriva che, se, nell'inerzia del curatore, agisce in giudizio per la società fallita il suo rappresentante legale, non può essere rilevato né su eccezione della controparte né d'ufficio un difetto di capacità processuale. (Nella specie, intervenuto il fallimento di società in accomandita semplice nel corso di un procedimento davanti alla Commissione tributaria di secondo grado, la società, in persona del socio accomandatario, pure dichiarato fallito, aveva impugnato la decisione di tale Commissione davanti alla Corte d'appello; la S.C. — in base al riportato principio — ha ritenuto tale impugnazione ritualmente proposta).