(massima n. 1)
Dovendo le norme interpretarsi anche alla luce della tradizione scientifica nazionale, che, in quanto compresa nei principi generali dell'ordinamento richiamati dall'art. 12 della preleggi, costituisce criterio comprimario di ermeneutica legislativa, l'art. 91 c.p.c., secondo il quale il giudice «con la sentenza che chiude il processo condanna la parte soccombente al rimborso delle spese», trova applicazione con riguardo ad ogni provvedimento, ancorché reso in forma di ordinanza o decreto, che, nel risolvere contrapposte posizioni, elimini il procedimento davanti al giudice che lo emette, quando, in coerenza con il principio di economia dei giudizi, si renda necessario ristorare la parte vittoriosa dagli oneri inerenti al dispendio di attività processuale legata da nesso causale con l'iniziativa dell'avversario. Detta norma, pertanto, opera non solo nei procedimenti a cognizione piena ma anche in quelli sommari e cautelari, come nel caso del procedimento promosso ai sensi dell'art. 700 cod. proc. civ. per l'adozione di provvedimenti d'urgenza, con la conseguenza che, ove la richiesta della parte istante venga respinta, sicché il procedimento si esaurisca nel senso sopra specificato, dev'essere riconosciuto il diritto al rimborso delle spese processuali in favore dell'intimato che abbia resistito a quella richiesta.