(massima n. 1)
Le spese di custodia delle cose oggetto di sequestro giudiziario ed il compenso al custode rientrano fra quelle concernenti gli atti necessari del processo – che, a norma dell'art. 90 c.p.c., devono essere anticipate dalla parte a carico della quale sono poste dalla legge o dal giudice – in quanto l'attività del custode è svolta nell'interesse superiore della giustizia e di quello comune delle parti. Circa l'onere di anticipazione delle relative spese, l'art. 53 disp. att. c.p.c. attribuisce al giudice la facoltà di designare la parte che deve corrispondere il compenso spettante al custode. Trattandosi, quindi, di atto necessario rispetto al quale è il giudice che indica quale delle parti devono anticipare le relative spese, non ha alcuna rilevanza se l'iniziativa della nomina del custode provenga, attraverso la proposizione dell'istanza di sequestro giudiziario, da una parte oppure dall'altra. Il custode di cose sottoposte a sequestro giudiziario ha un diritto proprio al compenso nei confronti dell'una o dell'altra parte, o di entrambe, secondo le indicazioni del giudice, diritto che non dipende dal regolamento delle spese del giudizio. Rispetto all'ausiliario del giudice (nella specie, custode di cose sottoposte a sequestro giudiziario) la parte non può invocare la superfluità della spesa per l'opera da lui prestata, ma potrà solo opporla all'altra parte, qualora questa abbia provocato la relativa nomina. Al custode di cose sottoposte a sequestro giudiziario, nominato direttamente dal giudice che dispone il sequestro, non è applicabile l'art. 522 c.p.c. per la parte in cui stabilisce che il terzo che è stato nominato custode dall'ufficiale giudiziario non ha diritto a compenso se non l'ha chiesto e non gli è stato riconosciuto dall'ufficiale giudiziario all'atto della nomina.