(massima n. 1)
In tema di compensi per prestazioni professionali di avvocato, il patto di quota lite, stipulato durante la vigenza dell'art. 2, comma 1, lett. a), d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., in l. n. 248 del 2006 (prima dell'entrata in vigore dell'art. 13, comma 4, l. n. 247 del 2012), può validamente prevedere compensi maggiori rispetto ai massimi tariffari, in primo luogo, perché la norma menzionata, contenendo una disposizione speciale rispetto al successivo comma 2, elimina in modo "secco" ed univoco il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti senza alcun limite, ed inoltre, perché l'art. 2233 c.c. pone una gerarchia di carattere preferenziale tra i criteri di determinazione dell'onorario del professionista, considerando prima di tutto l'accordo delle parti e, solo in sua mancanza, le tariffe professionali, gli usi e la decisione del giudice, con la conseguenza che, assumendo le tariffe massime un ruolo sussidiario e recessivo, esse continuano ad essere obbligatorie, in base all'art. 2, comma 2, d.l. cit., solo nel caso in cui non sia concluso alcun patto tra avvocato e cliente.