(massima n. 1)
Nel licenziamento per superamento del periodo di comporto il requisito della tempestività non può risolversi in un dato cronologico fisso e predeterminato, ma costituisce oggetto di una valutazione di congruità, non sindacabile in cassazione ove adeguatamente motivata, che il giudice di merito deve operare caso per caso, con riferimento all'intero contesto delle circostanze significative, mentre, per contro, il lavoratore è tenuto a provare che l'intervallo temporale tra il superamento del periodo di comporto e la comunicazione di recesso ha superato i limiti di adeguatezza e ragionevolezza, sì da far ritenere la sussistenza di una volontà tacita del datore di lavoro di rinunciare alla facoltà di recedere dal rapporto. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto il decorso del termine di quattro anni dal superamento del periodo di comporto non ostativo al legittimo recesso del datore di lavoro, avvenuto nella immediatezza della sentenza di primo grado dichiarativa della nullità di un precedente licenziamento intimato alla lavoratrice).