(massima n. 1)
Sussiste il reato di diffamazione nel caso in cui un "blogger", nel dare la notizia della morte di un esponente apicale di un sodalizio mafioso, adopera espressioni tese ad umiliare e a ricoprire di disprezzo la persona del defunto, in quanto esula dai limiti del diritto di critica l'accostamento di quest'ultimo a cose o concetti ritenuti ripugnanti, osceni o disgustosi, considerata la centralitą che i diritti della persona hanno nell'ordinamento costituzionale. (Nella specie, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza del tribunale che aveva ritenuto non costituire reato l'accostamento del criminale defunto ad "un gran bel pezzo di merda").