(massima n. 1)
Nel contratto d'opera, l'anticipazione delle spese occorrenti per il compimento dell'opera e la corresponsione degli acconti dovuti secondo gli usi, previste dall'art. 2234 c.c., costituiscono manifestazione dell'obbligo di collaborazione che grava sul cliente al fine di mettere la controparte in grado di dare inizio all'opera e proseguirla, e rispondono alla finalità di mitigare la regola della postnumerazione, in virtù della quale il diritto al compenso matura solo a seguito dell'effettuazione di una prestazione tecnicamente idonea a conseguire il risultato cui è destinata: i relativi importi, pertanto, costituiscono oggetto di un debito liquido, in quanto determinato o determinabile in base ad accordi tra le parti o facendo ricorso agli usi, ed esigibile, in quanto il professionista ne può pretendere il pagamento, con la conseguenza che, se effettuato dal debitore fallito nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, il pagamento resta esposto alla revocatoria fallimentare, ai sensi dell'art. 67, secondo comma, del R.D. 16 marzo 1942, n. 267. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto assoggettabili a revocatoria fallimentare i pagamenti eseguiti dal fallito in favore di un avvocato a titolo di fondo spese ed acconto sul compenso dovuto per l'assistenza professionale fornita nella procedura di concordato preventivo).